di Carmine Pio Gaita –
(Tv7 Avellino) – 22 dic. ’21 – L’Irpinia è una terra viva, capace di offrirci il verde e le sue bellezze paesaggistiche, ma anche la storia del suo passato attraverso un patrimonio che è sopravvissuto al tempo.
Montefredane, come ogni irpino sa, è un paese che sorge in collina, ergendosi al di sopra della Valle del Sabato. Se un turista decidesse di visitare il piccolo borgo della provincia di Avellino, sarebbe sicuramente attratto dal Castello Caracciolo, che si raggiunge attraversando l’arco che collega il campanile alla Chiesa di S. Maria del Carmine, situata nella piazza di Montefredane. Un piccolo gioiello che offre un ottimo panorama, un vero e proprio balcone sull’Irpinia, ma anche un posto tranquillo per molti abitanti del paese, dove si respira un’aria di pace.
Il Castello Caracciolo, però, è soprattutto un edificio di rilevanza storica. E per scoprire dove affonda le sue radici, c’è bisogno di fare un salto indietro fino all’età medievale, il periodo storico in cui compaiono le prime costruzioni del genere.
Il primo documento che ci parla del sito irpino è il “Catalogus Baronum”, realizzato da Ruggiero II di Sicilia. Si tratta di un registro che attesta tutte le proprietà dei feudatari del Regno di Sicilia, risalente al lontano 1152. All’epoca il proprietario del castello era un tale Roberto de Tufo. Inoltre, la fortezza si inseriva in un sistema molto più ampio di difesa, che comprendeva anche i castelli di Summonte, Grottolella, Capriglia Irpina, Montefusco, Montemiletto e Manocalzati.
A Roberto de Tufo, precedentemente citato, sono succeduti altri proprietari che hanno amministrato l’edificio : i Baldini, i Brancaccio, i Ferilli, i Gesualdo, i Lodovisi e i Caracciolo. Gli ultimi proprietari, che ne hanno tirato le redini dal 1650 fino al 1806, dànno tutt’oggi, come si può notare, il nome alla fortificazione.
Interessarsi ai monumenti che possediamo e alla loro storia è importante, perché, al di là della sola realtà montefredanese, ci permette di valorizzarli meglio e anche di avere la possibilità di incrementare il flusso del turismo verso i paesaggi e il patrimonio dell’Irpinia.